La poesia di Cosimo Rizzo esprime con forte intensità la dialettica lacerante vissuta lungo lo spartiacque tra due mondi distanti anche se legati dalla stessa identità autobiografica: il mondo del passato nella sua dimensione di “avaro lavoro” e “fetore di stalla” e quello presente e futuro, simboleggiato dalla città in “cui di libertà è calda l’aria”, quell’aria da cui scocca la “razionale scintilla” dell’uomo moderno che prometeicamente ha creato le condizioni di un’esistenza migliore. La continuità storica tuttavia non genera l’illusione di una altrettanto vuota retorica del progresso: “Svelta è la radice per sempre d’un vagheggiato mondo felice” perché ancora può irrompere il “duro grido” di Caino della malvagità umana, insieme al tragico dolore così attuale e materializzatosi, nella poesia “La città”, nel vicino porto in cui giunge “lunga fila di visi perduti”. In “Lontane visioni” l’autore racchiude tutto il mondo della sua poetica, dove l’aggettivo “lontano” ha una chiara valenza temporale e spaziale e, non essendo egli sicuramente né un passatista né un edulcorato nostalgico, lo stesso è rivolto al mondo umano e spirituale del passato, ma ancor più palesemente alle speranze e ai sogni del futuro.

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