

L’anticamera è un concetto limite, una costruzione paradossale per osservare ciò che le rappresentazioni del diritto e della politica occultano. E’ uno spazio e una temporalità differente che le politiche securitarie costruiscono per quegli uomini e quelle donne il cui desiderio di libertà mette radicalmente in discussione ordine politico e forme giuridiche. E’ la condizione soggettiva di coloro che non possono essere inclusi e per i quali si apre l’orizzonte del campo. Attraverso la lettura di Arendt, Schmitt, Foucault, Agamben e la ricostruzione storico giuridica di un caso paradigmatico come Guantánamo il campo appare allo stesso tempo come forma discorsiva e pratica di controllo, luogo di concentramento dei paradossi dei discorsi della politica e del diritto e nuovo dispositivo di potere. Esso mette in relazione pratiche di esclusione e negazione della differenza utilizzate in tempi diversi nei confronti di soggetti diversi, ma accomunate da un medesimo presupposto: la diversità è qualcosa di già dato, esiste nei termini di una disomogeneità di tipo “culturale”. Questa diversità immaginata e costruita si concretizza in una molteplicità di forme di esclusione con cui si producono differenze allo scopo di giustificare e legittimare la loro violenta negazione.

Traduzione e ideologia
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