

L’opera di Jean-François Lyotard rivela una complessità e un intreccio di argomenti e problematiche tutt’altro che risolvibili con la mera etichettatura del loro autore come “filosofo della postmodernità”. L’analisi del suo percorso filosofico permette di riprendere il filo con il quale egli ha tentato di tessere una trama critico-riflessiva sulla possibile ricucitura dello strappo avvenuto tra modernità e postmodernità. Le istanze di superamento di questa rottura sono state variamente sottolineate e, tuttavia, rimangono ancora da affrontare una serie di nodi teoretici. Muovendo dal pensiero del “sospetto”, ma senza cadere nella deriva antilogica irrazionalista propria di un nichilismo irrisolto o di un accoglimento ironico della contingenza, Lyotard ha elaborato una genealogia delle ragioni della perdita di “senso” che caratterizza la prospettiva nichilistica, giungendo a rintracciare nel sentimento sublime, presentato nella terza Critica kantiana, la rottura dell’ordine logico-categoriale e l’apertura alla dimensione di incommensurabilità come soglia pre-soggettuale tra senso e significato. Si tratta di una traiettoria fondamentale che segna il passaggio dalla denuncia di impossibilità da parte del metodo epistemologico di rappresentare l’incommensurabile che si staglia tra i differenti saperi alla prospettiva di un modo analogico (estetico) di presentare ciò che si pone “fuori prezzo” (hors de prix), ovvero al di là di ogni determinazione concettuale.
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